Tuesday 24 October 2017

Parte Quarta


Quella sera tutti si sedettero in aula magna bisbigliando tra di loro (preside, segretario, professoressa, bidello del seminterrato e bidello del 1° piano). Meno di ventiquattro ore erano passate dal triste accaduto e già il commissario aveva in mano le risposte a tutte le domande. Era seduto davanti agli altri in atteggiamento riflessivo; ci fu un attimo di silenzio poi il commissario cominciò il suo lungo discorso.

“Signore e signori, uno strano misfatto è avvenuto tra le mura scolastiche. Adesso siamo qui riuniti per mettere luce sul mistero. Il mio primo sbaglio è stato quello di presupporre già un assassino e un assassinato, ma alcune cose non quadravano. Innanzitutto l’ora del decesso presentava posizioni contraddittorie. La professoressa afferma di aver visto il cadavere cinque minuti prima delle nove, ma il bidello del 1° piano dichiara di essere arrivato alle 8,50 e di non aver visto nessuno nei pressi della scala antincendio. Chi mente? Nessuno dei due. Stamattina la professoressa mi ha telefonato per dirmi quale fosse il particolare che non riusciva a ricordare e mi ha detto di aver sentito il rumore di un sasso che cade nell’acqua. Un tonfo leggero piuttosto insolito per un corpo che cade da una certa altezza in una piccola pozzanghera. All’improvviso la professoressa si è ricordata di un piccolo incidente avvenuto in classe mezz’ora prima. Il rumore di una sedia che cade è abbastanza forte da coprire il tonfo pesante di un corpo”
“Quindi?” chiese il preside. Il commissario lo guardò negli occhi e dopo una breve pausa ricominciò il suo monologo.
“Fin dall’inizio ho pensato che questo fosse un omicidio. Ed è stato questo il mio sbaglio. Signore e signori, si tratta di un suicidio!”. Un gran vociare si sollevò all’improvviso nella sala. “Calma! Calma!” ordinò il commissario “So che questa soluzione può sembrare inverosimile, ma ho un testimone!”. Il silenzio scese immediatamente sulla sala. Nessuno si aspettava una tale affermazione. Il commissario andò ad aprire la porta e fece entrare un ragazzo, uno tra i tanti studenti del liceo. Il ragazzo prese una sedia e non disse nulla; fu il commissario a parlare al posto suo.
“Questo è un ragazzo della 1°P ed è il fratello della vittima. Stranamente questo ragazzo aveva chiesto oggi stesso di cambiare scuola. La cosa mi ha incuriosito e così ho scambiato quattro chiacchiere con lui. Egli sostiene di aver visto Stefano Ardelli automutilarsi e gettarsi di nascosto dal 1° piano. Tuttavia non sappiamo il motivo”
“E lei crede a tutto questo?” intervenne uno dei bidelli “Il ragazzo potrebbe essersi inventato tutto questo!”
“E’ vero” continuò il preside “E poi come ha fatto Ardelli ad automutilarsi?”
“Già” disse a sua volta il segretario inserendosi nella discussione “Non credo che col vetro si possa fare molto”. Il commissario non disse nulla e sorrise.

“Signore e signori” riprese il commissario “vi presento mio nipote, il quale frequenta questo liceo. Presentare il suo nulla osta e inventare la storia del suicidio era l’unico modo per mettere in luce il colpevole. Sapevo che si sarebbe insospettito per ogni minima cosa fuori dal normale (come ad esempio un nulla osta improvviso), ma alla fine avrebbe fatto uno sbaglio pur di nascondere la sua vera identità. A quanto pare sono riuscito nel mio incarico, caro segretario, perché nessuno, a parte me e quelli della scientifica, era a conoscenza del pezzo di vetro. E inoltre col vetro si può fare molto. Uccidere, per esempio!”
“E con ciò?” ribatté il segretario con indifferenza “Non si può convincere una giuria senza prove. Io non c’entro in tutta questa faccenda”
“Ah, davvero?” Allora sappia che in questo momento i miei uomini stanno perquisendo la sua casa e il suo ufficio. Sono sicuro che qualcosa salterà fuori”. Tutti quanti ammutolirono e il segretario fece trasparire troppo la sua consapevolezza.
Infatti era lui il colpevole. Quella sera stessa a casa sua furono trovate documenti che testimoniavano alcune attività illegali del segretario. Il commissario non era mai stato certo al 100%, ma in quel momento non poté far altro che sorridere di nuovo, compiaciuto e orgoglioso di aver fatto giustizia, quella vera.

Parte Terza


Le transenne circondavano il luogo del delitto. Aveva smesso di piovere e le nubi diradate avevano lasciato spazio ad un cielo terso. Era rimasta una chiazza scura nell'angolo del cortile e il commissario stette lì ad osservarla. Poi diede un’occhiata ai piedi della scala antincendio e vide un pezzo di metallo nascosto sotto lo scalino più basso. Il commissario si infilò un guanto e prese l’oggetto misterioso: un normale pezzo di vetro, sporco di sangue e ancora tagliente.

Al primo piano un altro bidello lo attendeva per mostrargli il punto da cui probabilmente il ragazzo era stato gettato.
“Lei dov'era al momento dell’accaduto?” chiese subito il commissario.
“Io sono arrivato qui alla mia scrivania intorno alle 8,50. Ho saputo soltanto adesso cos'è successo”. Il commissario rimase di stucco. 8,50? E non aveva visto niente? O il bidello mentiva o qualcosa non quadrava bene. “Siamo sicuri che si tratti di omicidio?” continuò il bidello.
“Cosa?” gridò il commissario in tono di rimprovero “Un ragazzo cade dal primo piano con il volto sfregiato e la mano mozzata e lei ha il coraggio di dire che non è un omicidio?”. Il bidello rimase in silenzio e il commissario, dopo aver scaricato la tensione, si mosse verso la porta di sicurezza della scala antincendio. Guardando in basso gli vennero grossi dubbi sull'intera faccenda: cosa diavolo era successo in questa scuola? Poi alzò gli occhi e sul lato opposto del cortile vide le finestre degli uffici amministrativi. Era giunto il momento di interrogare il preside.

Il preside era in presidenza a leggere una pila di scartoffie. Il commissario si sedette, ma stavolta fu il preside a fare la prima domanda.
“Come vanno le indagini?” chiese il preside mentre firmava gli ultimi fogli.
“E’ troppo presto, caro preside” rispose il commissario “ma ho già qualcosa in mano. Torno da una visita la primo piano”
“Ha visto la scala antincendio? Niente di nuovo? Purtroppo io non ci sono andato perché la più piccola altezza mi spaventa”
“Non si preoccupi, è tutto sotto controllo”
In quel momento il segretario fece la sua entrata con in mano altri fogli.
“Buongiorno, signori” disse sorridendo “Signor preside, altri documenti da firmare”
“Ancora?” esclamò il preside seccato.
“Purtroppo sì! E in più dovrebbe darmi il nulla osta di quel ragazzo di 1°P. E’ da stamattina che lo sto cercando”
“Ma è già stato schedato!”
Il telefono squillò all'improvviso e il preside alzò la cornetta.
“E’ per lei!” disse il preside porgendo la cornetta al commissario. Il commissario la prese in mano e la accostò all'orecchio. Dopo un breve dialogo riattaccò.
“Caro preside” disse con aria soddisfatta “mi faccia fare un paio di telefonate e stasera saprà la verità!”

Parte Seconda


La polizia aveva rimosso il corpo da parecchio tempo, ma erano rimasti alcuni agenti a fare le ultime domande. Il preside aveva fatto evacuare l’edificio e rimanevano solo poche persone a ricordare il fatto nella biblioteca. Il commissario aveva cominciato già da subito a fare domande, ma nella disperazione generale era difficile dare un ordine logico a quella drammatica sequenza di eventi. Prima fra tutti, la professoressa di filosofia, sconvolta e traumatizzata. Il commissario decise di muoversi con calma nel porle le domande: era crudele dover far rivivere un momento così terribile.

“Professoressa” disse il commissario avvicinandosi “ Capisco come si sente”
“Mio Dio” sussurrò la professoressa “Il corpo...il sangue...non posso sopportarlo!”
“Lei ha subito uno shock” continuò il commissario “Le dispiace se le faccio qualche domanda?”
“Avanti!” esclamò la professoressa tra un singhiozzo e l’altro.
“Mi può dire cosa ha visto?”
“Cosa ho visto?” disse la professoressa presa dal panico “Sangue, solo sangue... cos'altro crede che abbia visto?”
“Si calmi! Mi dica è stata lei a trovare il cadavere?”
“Sì, sì, sono stata io, però...”
“Però?”
“...però ora che ci penso, c’è un particolare che non mi convince”
“Quale?”
“Non ricordo. Strano, c’è qualcosa che mi ha colpito, ma non ho la minima idea di cosa sia”
“Provi a ricordare”
“Niente. Forse sono troppo stanca”
“E allora vada a casa a farsi una dormita. Dimenticando questo triste evento, è probabile che le venga in mente il particolare”
“Si chiamava Stefano Ardelli. Era il rappresentante d’istituto”
“Sì, lo sapevo” rispose con aria triste.
“Credo che per oggi il mio lavoro qui sia finito” disse la professoressa con le lacrime agli occhi, e se ne andò.
La seconda cosa da fare era interrogare i bidelli, anche loro sconvolti e preoccupati. Il commissario si avvicinò a quello che doveva badare alla sezione dov'era avvenuto l’omicidio.
“Come mai lei non era al suo solito posto come ogni mattina?” chiese il commissario.
“Ero stato chiamato dal preside” rispose il bidello “e mi dispiace che in quei pochi minuti sia successo il finimondo”
“Conosceva il morto?”
“Sì, e devo dire che tutti i suoi compagni dell’istituto gli volevano bene”
“Non abbastanza a quanto pare!”

Parte Prima


Nella classe situata nel seminterrato l’ora di filosofia iniziò all'ora esatta. Tutti gli studenti avevano gli occhi fissi sulle pagine scritte e neanche un’immagine appariva sotto la luce accecante del neon. Fuori, nel frattempo, il cielo tetro e grigio rendeva cupo e tenebroso ogni angolo del cortile interno della scuola. Vi erano solo alcuni sprazzi di luce qua e là, provenienti dalle classi assorte nel loro studio.

La professoressa cominciò la spiegazione: Kant, il tempo, lo spazio, il mondo. Gli alunni ascoltavano, chi con interesse, chi con indifferenza, e il tempo passava piano. C’era chi guardava fuori dalla finestra, chi leggeva il diario. Concentrazione, poi un colpo assordante, e tutti quanti si voltarono indietro verso l’angolo più lontano dalle finestre. Una sedia era a terra accanto al termosifone bianco. Uno studente sbadato l’aveva fatta cadere creando lo scompiglio più totale. La professoressa fece un’occhiata e senza dire niente riprese a spiegare. Piano piano gli animi degli studenti si calmarono e ritornò il silenzio. La lezione continuò il suo corso per un altro quarto d’ora. Il cortile era silenzioso, ma già una pioggia fine fine aveva cominciato a battere sul campo di pallavolo. Guardando dalla finestra, la struttura della scuola sembrava abbandonata, senza vita. Per quanto tu cercassi, non scorgevi anima viva per i corridoi bianchi della scuola, ma la situazione era destinata a cambiare.

Mancavano cinque minuti alla campanella quando la spiegazione fu interrotta nuovamente. Stavolta fu un tonfo improvviso. La professoressa, seccata, si guardò intorno e incrociò gli sguardi sorpresi degli alunni. Poi, per caso, volse l’attenzione al cortile e rimase inorridita. Un corpo giaceva ai piedi della scala antincendio, intriso di sangue e di acqua piovana. L’immagine era veramente macabra. La professoressa lanciò un urlo e subito uscì dalla classe. Non c’era nessuno in giro, nemmeno i bidelli. Non potendo rivolgersi alle scrivanie vuote, corse subito verso il luogo del misfatto. Dall'uscita di sicurezza assistette allo stesso spettacolo spaventoso. Tra le pozzanghere una chiazza rossa avvolgeva il corpo senza vita di un adolescente. Il volto era sfigurato, una mano mozzata. La professoressa levò un grido ancora più acuto, risvegliando le menti assonnate in una mattina piovosa.

Introduzione

Caro lettore

Questa breve storia fu redatta per il giornalino scolastico nei tempi che furono. Divisa in quattro parti, la storia venne pubblicata come una mini-serie di stile dickensiano per quattro uscite consecutive. Si tratta di un racconto giallo semplice, in parte inventato sul momento quando le scadenze di stampa del giornalino incombevano. Scrivere una mini-serie giallo senza trama in mente é affascinante ma anche complicato, soprattutto quando usi luoghi reali ma devi fare in modo che i personaggi non siano ispirati troppo facilmente alla realtà.

Potrei forse considerarlo il mio primo esordio da scrittore sotto gli occhi di un pubblico più vasto di quello di casa propria. Ora che il mondo delle telecomunicazioni preferisce l'informazione digitale, non resta altro che convertire questo mio piccolo ricordo in formato blog per il pubblico di Internet, che come ben sappiamo, é più vasto di quanto si pensi.

Buona Lettura!