Quella sera tutti si sedettero in aula magna bisbigliando tra di loro (preside, segretario, professoressa, bidello del seminterrato e bidello del 1° piano). Meno di ventiquattro ore erano passate dal triste accaduto e già il commissario aveva in mano le risposte a tutte le domande. Era seduto davanti agli altri in atteggiamento riflessivo; ci fu un attimo di silenzio poi il commissario cominciò il suo lungo discorso.
“Signore e signori, uno strano misfatto è avvenuto tra le mura scolastiche. Adesso siamo qui riuniti per mettere luce sul mistero. Il mio primo sbaglio è stato quello di presupporre già un assassino e un assassinato, ma alcune cose non quadravano. Innanzitutto l’ora del decesso presentava posizioni contraddittorie. La professoressa afferma di aver visto il cadavere cinque minuti prima delle nove, ma il bidello del 1° piano dichiara di essere arrivato alle 8,50 e di non aver visto nessuno nei pressi della scala antincendio. Chi mente? Nessuno dei due. Stamattina la professoressa mi ha telefonato per dirmi quale fosse il particolare che non riusciva a ricordare e mi ha detto di aver sentito il rumore di un sasso che cade nell’acqua. Un tonfo leggero piuttosto insolito per un corpo che cade da una certa altezza in una piccola pozzanghera. All’improvviso la professoressa si è ricordata di un piccolo incidente avvenuto in classe mezz’ora prima. Il rumore di una sedia che cade è abbastanza forte da coprire il tonfo pesante di un corpo”
“Quindi?” chiese il preside. Il commissario lo guardò negli occhi e dopo una breve pausa ricominciò il suo monologo.
“Fin dall’inizio ho pensato che questo fosse un omicidio. Ed è stato questo il mio sbaglio. Signore e signori, si tratta di un suicidio!”. Un gran vociare si sollevò all’improvviso nella sala. “Calma! Calma!” ordinò il commissario “So che questa soluzione può sembrare inverosimile, ma ho un testimone!”. Il silenzio scese immediatamente sulla sala. Nessuno si aspettava una tale affermazione. Il commissario andò ad aprire la porta e fece entrare un ragazzo, uno tra i tanti studenti del liceo. Il ragazzo prese una sedia e non disse nulla; fu il commissario a parlare al posto suo.
“Questo è un ragazzo della 1°P ed è il fratello della vittima. Stranamente questo ragazzo aveva chiesto oggi stesso di cambiare scuola. La cosa mi ha incuriosito e così ho scambiato quattro chiacchiere con lui. Egli sostiene di aver visto Stefano Ardelli automutilarsi e gettarsi di nascosto dal 1° piano. Tuttavia non sappiamo il motivo”
“E lei crede a tutto questo?” intervenne uno dei bidelli “Il ragazzo potrebbe essersi inventato tutto questo!”
“E’ vero” continuò il preside “E poi come ha fatto Ardelli ad automutilarsi?”
“Già” disse a sua volta il segretario inserendosi nella discussione “Non credo che col vetro si possa fare molto”. Il commissario non disse nulla e sorrise.
“Signore e signori” riprese il commissario “vi presento mio nipote, il quale frequenta questo liceo. Presentare il suo nulla osta e inventare la storia del suicidio era l’unico modo per mettere in luce il colpevole. Sapevo che si sarebbe insospettito per ogni minima cosa fuori dal normale (come ad esempio un nulla osta improvviso), ma alla fine avrebbe fatto uno sbaglio pur di nascondere la sua vera identità. A quanto pare sono riuscito nel mio incarico, caro segretario, perché nessuno, a parte me e quelli della scientifica, era a conoscenza del pezzo di vetro. E inoltre col vetro si può fare molto. Uccidere, per esempio!”
“E con ciò?” ribatté il segretario con indifferenza “Non si può convincere una giuria senza prove. Io non c’entro in tutta questa faccenda”
“Ah, davvero?” Allora sappia che in questo momento i miei uomini stanno perquisendo la sua casa e il suo ufficio. Sono sicuro che qualcosa salterà fuori”. Tutti quanti ammutolirono e il segretario fece trasparire troppo la sua consapevolezza.
Infatti era lui il colpevole. Quella sera stessa a casa sua furono trovate documenti che testimoniavano alcune attività illegali del segretario. Il commissario non era mai stato certo al 100%, ma in quel momento non poté far altro che sorridere di nuovo, compiaciuto e orgoglioso di aver fatto giustizia, quella vera.